A seguito del referendum del 23 giugno 2016, il Regno Unito si appresta, apparentemente, a lasciare l’Unione Europea con il consenso del 52% degli elettori.
L’agitazione è stata forte, tanto da scuotere non solo i Paesi dell’UE, ma tutto il resto del mondo. Per la prima volta, un Paese decide di lasciare un apparato sovranazionale accollandosi tutte le conseguenze del caso.
La domanda che immediatamente segue questa constatazione è: cosa succede ora?
La risposta, però, non è altrettanto semplice, ci sono molti risvolti da considerare e diverse strade alternative che potrebbero essere percorse.
Il nostro intento, con questo articolo, è cercare di comprendere le conseguenze degli scenari che riteniamo più probabili.
Il vero valore del referendum
Innanzitutto, una precisazione più importante di quel che si creda: il referendum svoltosi il 23 giugno 2016 ha un valore consultivo. Questo vuol dire che il risultato non è vincolante, ma ha soltanto la funzione di interpellare l’elettorato su una questione più o meno importante.
In sostanza, il Parlamento e il Governo potrebbero decidere, a dispetto del risultato, di restare nell’Unione Europea. A quel punto, però, bisognerebbe chiedersi quale sia il valore reale della volontà del popolo.
Un altro scenario, proposto dall’ex premier inglese Tony Blair, è quello di un secondo referendum, che questa volta, tuttavia, sarebbe vincolante.
Quando inizia realmente la Brexit
L’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea stabilisce che i Paesi membri che intendono lasciare l’UE devono darne notifica al Consiglio Europeo. Da quel momento, dovranno trascorrere due anni per rendere ufficiale l’uscita del Paese membro. Durante questi due anni, il Consiglio Europeo e il Paese uscente negozieranno degli accordi sul processo di uscita (potrebbe essere deciso, ad esempio, un termine diverso dai due anni) e sul rapporto tra i due soggetti dopo l’uscita.
Se al termine dei due anni non è stato raggiunto alcun accordo, il Paese esce comunque dall’UE e tutti i trattati perdono effetto. In alternativa, può essere chiesta una proroga, ma essa dovrà essere concessa all’unanimità dal Consiglio Europeo.
Cosa potrebbe accadere
Rinegoziare oltre mezzo secolo di trattati in due anni può rivelarsi molto complesso, se non addirittura impossibile, soprattutto in merito al tema più caldo: il mercato europeo comune. L’UE, infatti, non è intenzionata a cedere sulle quattro libertà di movimento (merci, capitali, servizi e persone). D’altro canto, chi ha votato per l’uscita dall’UE, lo ha fatto anche con l’intento di porre un freno ai flussi migratori dai Paesi dell’eurozona. Gli effetti, comunque, vanno al di là della mera gestione dell’immigrazione, ma vale la pena analizzare le situazioni più calde.
Immigrazione
In media, gli immigrati europei hanno un grado di istruzione maggiore rispetto ai nativi britannici, ragion per cui è stato sollevato il problema che vede gli immigrati europei favoriti nella ricerca di un impiego, ma in realtà non viene considerato il fatto che anche gli immigrati acquistano beni e producono posti di lavoro, inoltre l’immigrazione, essendo in prevalenza giovane, garantisce un ringiovanimento della forza lavoro inglese, che tende ad invecchiare. Tuttavia, per quanto riguarda il volume dei flussi migratori, le previsioni dicono che resteranno relativamente alti, come affermato da Somerville nel suo When the Dust Settles.
Economia
La tesoreria inglese affermava, prima del referendum, che essere nell’UE portava un buon ritorno in termini economici, nonostante i contributi che il Paese versa all’UE. I sostenitori dell’uscita, invece, affermano che i soldi risparmiati potrebbero essere investiti in tagli alle tasse e servizi alla comunità. Tuttavia, l’Istituto degli Studi Fiscali inglese dice che gli effetti di una Brexit lascerebbero il governo con meno soldi da spendere. Se invece si volesse restare nel mercato unico secondo i termini stabiliti dal Consiglio Europeo, il Regno Unito dovrebbe continuare a versare detti contributi.
Equilibri internazionali
Un’uscita del Regno Unito dall’UE significherebbe che l’Europa perderebbe il suo secondo maggior contribuente (con circa 11 miliardi di euro di gettito l’anno).
L’Unione Europea, inoltre, perderebbe uno dei due Paesi che nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU hanno diritto di veto, senza contare che in Europa la Gran Bretagna è quella che ha la maggior forza militare, è uno dei due Paesi che possiede armi nucleari e l’unico ad avere uno scudo nucleare.
Conclusioni
Le variabili da considerare sono moltissime e probabilmente nemmeno questo articolo è esaustivo. Al momento la situazione resta incerta e l’economia mondiale resta in bilico tanto quanto quella europea.